IL TRIBUNALE ORDINARIO 
 
    Sciogliendo la riserva assunta all'udienza del 20 settembre 2013,
nel procedimento di convalida  di  sfratto  promosso  da  Immobiliare
Tirrena  S.p.A.  nei  confronti  della  parte  intimata  Rango   Anna
(iscritto al n. 18210/13 R.G.), 
 
                               Osserva 
 
    1.  Con  citazione  notificata  in  data  12  febbraio  2013,  la
Immobiliare Tirrena S.p.A. intimava  a  Rango  Anna  lo  sfratto  per
morosita' dall'immobile in Roma, via Portuense n.  956,  edificio  2,
interno 4, a motivo dell'omesso pagamento del canone di  locazione  a
partire dal mese di agosto 2012, sino alla  data  d'introduzione  del
giudizio. 
    La convenuta, costituitasi a mezzo di difensore  all'udienza  del
19 marzo 2013, richiedeva in quella sede la concessione di un termine
di grazia per sanare la morosita' (art. 55 legge n. 392/1978). 
    Il giudice, con provvedimento reso in udienza, ai sensi dell'art.
55, comma 2°, legge n. 392/1978, assegnava all'intimata termine «sino
al giorno 20 maggio 2013»  per  sanare  la  morosita'  maturata,  per
pagare i canoni in scadenza sino al compimento del termine di grazia,
oltre che per saldare le spese di lite,  liquidate  con  il  medesimo
provvedimento. 
    Alla successiva udienza del 22 maggio 2013, fissata per  la  c.d.
verifica della sanatoria, ai sensi dell'art. 55, comma 3°,  legge  n.
392/1978, da un lato la parte intimante dava atto che  nessuna  somma
era  stata  pagata  dalla  Rango,  entro   il   termine   di   grazia
appositamente  assegnatole,  dall'altro  la  difesa  della  convenuta
produceva un  provvedimento  emesso  dal  pubblico  ministero  presso
questo tribunale in data 2  maggio  2013,  su  «richiesta  datata  30
aprile  2013»  della   medesima   intimata,   recante   il   seguente
dispositivo: 
    «visto l'art. 20 comma 7 legge n.  44/99  come  modificata  dalla
legge n. 3/2012; rilevato che Rango Anna  e  Falasca  Nino  risultano
parti offese  nel  delitto  di  usura  nell'ambito  del  procedimento
iscritto al RGNR n. 54935/10, pendente presso questo Ufficio in  fase
di interrogatorio richiesto a seguito della notifica ex art.  415-bis
del c.p.p., sospende i termini della procedura attivata nei confronti
di Anna Rango (procedimento con iscrizione a ruolo generale 18219/13)
pendente innanzi al Tribunale Civile di Roma  ..  per  la  durata  di
giorni 300». 
    A fronte di cio', insorgeva controversia tra le parti  in  merito
agli effetti prodotti, sulla odierna lite,  dal  provvedimento  sopra
trascritto, assumendosi da un lato (la difesa intimante)  che  questo
non  avrebbe  avuto  riflesso   alcuno   sull'odierno   giudizio   di
cognizione,  ancora  in  fase  sommaria  di   convalida,   dall'altro
(l'intimata) che avrebbe ex se prodotto la sospensione del termine di
grazia concesso ex art. 55 legge n. 392/1978 dal giudicante (pendente
al momento della sua emissione), ai  sensi  dell'art.  20,  comma  3,
della legge n. 44/1999, si' da non potersi far luogo al provvedimento
di convalida invocato dall'attrice. 
    2. Cosi' posti i termini dell'attuale contendere, non pare dubbio
che, con il provvedimento in  parola,  il  pubblico  ministero  abbia
inteso inequivocabilmente sospendere l'unico termine  pendente,  alla
data della sua emissione, nell'ambito del  giudizio  iscritto  al  n.
18210/13 r.g. (per l'appunto  identificato  nel  dispositivo  con  il
numero di iscrizione al Ruolo Generale Affari Contenziosi), cioe'  il
termine c.d. di grazia concesso dal giudicante ai sensi dell'art. 55,
comma 2°, legge n. 392/1978. 
    In particolare, a quanto consta, il pubblico ministero ha  inteso
fare applicazione dell'art. 20, commi 3 e 7, della legge  n.  44/1999
(recante «Disposizioni concernenti il Fondo di  solidarieta'  per  le
vittime delle richieste estorsive e dell'usura»), norma che, sotto la
rubrica  «sospensione  di  termini»,  nella  formulazione   derivante
dall'art. 2,  comma  1,  n.  2,  lett.  d),  della  legge  n.  3/2012
attualmente recita (nelle parti ora d'interesse): 
    «1. A favore  dei  soggetti  che  abbiano  richiesto  o  nel  cui
interesse sia stata richiesta l'elargizione prevista  dagli  articoli
3, 5, 6 e 8, i' termini di scadenza, ricadenti entro  un  anno  dalla
data dell'evento lesivo, degli adempimenti amministrativi  e  per  il
pagamento dei ratei dei mutui bancari e ipotecari,  nonche'  di  ogni
altro  atto  avente  efficacia  esecutiva,   sono   prorogati   dalle
rispettive scadenze per la durata di trecento giorni. 
    2. A  favore  dei  soggetti  che  abbiano  richiesto  o  nel  cui
interesse sia stata richiesta l'elargizione prevista  dagli  articoli
3, 5, 6 e 8, i termini di scadenza, ricadenti  entro  un  anno  dalla
data dell'evento lesivo, degli  adempimenti  fiscali  sono  prorogati
dalle rispettive scadenze per la durata di tre anni. 
    3. Sono altresi' sospesi, per la medesima durata di cui al  comma
1,  i  termini  di  prescrizione  e  quelli   perentori,   legali   e
convenzionali, sostanziali e processuali,  comportanti  decadenze  da
qualsiasi diritto, azione  ed  eccezione,  che  sono  scaduti  o  che
scadono entro un anno dalla data dell'evento lesivo. 
    4. Sono sospesi  per  la  medesima  durata  di  cui  al  comma  1
l'esecuzione dei provvedimenti di rilascio di immobili  e  i  termini
relativi a processi esecutivi mobiliari ed immobiliari, ivi  comprese
le vendite e le assegnazioni forzate. 
    [...] 
    [...] 
    7. Le sospensioni dei termini di cui ai commi  1,  3  e  4  e  la
proroga di cui al comma 2 hanno effetto a seguito  del  provvedimento
favorevole  del  procuratore  della  Repubblica  competente  per   le
indagini in ordine ai delitti che hanno causato  l'evento  lesivo  di
cui all'articolo 3, comma 1. In presenza di piu' procedimenti  penali
che  riguardano  la  medesima  parte  offesa,  anche  ai  fini  delle
sospensioni e della proroga anzidette, e' competente  il  procuratore
della Repubblica del procedimento iniziato anteriormente. 
    7-bis. Il prefetto, ricevuta la richiesta di elargizione  di  cui
agli articoli 3, 5, 6 e 8, compila l'elenco delle procedure esecutive
in corso  a  carico  del  richiedente  e  informa  senza  ritardo  il
procuratore   della   Repubblica   competente,   che   trasmette   il
provvedimento al giudice, o ai giudici, dell'esecuzione  entro  sette
giorni dalla comunicazione del prefetto. 
    [...]». 
    3. Con il teste' riportato art. 20  della  legge  n.  44/1999  il
legislatore ha inteso apprestare  una  serie  di  benefici  di  varia
natura - proroga dei ratei di mutuo e  dei  termini  delle  procedure
esecutive; proroga dei termini per adempimenti  fiscali;  sospensione
di tutti i termini, sia sostanziali che processuali, da cui derivi la
perdita  di  diritti,  azioni,  facolta';  sospensione   dei   titoli
esecutivi di rilascio - in favore dei  soggetti  persone  offese  dei
delitti di usura  ed  estorsione,  che  abbiano  utilmente  formulato
richiesta della elargizione prevista dalla medesima legge n.  44/1999
(articoli 3, 5, 7 ed 8);  cio'  all'evidente  scopo  di  favorire  il
«risanamento»   patrimoniale   delle   predette    persone    offese,
alleggerendo il carico delle obbligazioni di qualsiasi specie,  quali
derivanti  da  contratti  di  mutuo,  dall'imposizione  fiscale,   da
provvedimenti giurisdizionali, da contratti in genere. 
    4. Tale essendo la ratio della norma della  cui  applicazione  si
discute in questa sede, va premesso che il termine  c.d.  di  grazia,
che puo' essere concesso al conduttore  moroso  di  immobile  ad  uso
abitativo dal giudice della convalida ai sensi  dell'art.  55,  comma
2°, della legge n.  392/1978,  ha  pacificamente  natura  di  termine
sostanziale  ad  adempiere  (artt.  1184,  1185  c.c.);  esso   viene
assegnato al convenuto inadempiente in  virtu'  della  lex  specialis
contenuta nella citata legge, in deroga a  quanto  disposto,  in  via
generale,  dalla  disciplina  codicistica   della   risoluzione   del
contratto per inadempimento (artt. 1453 comma 3° - 1455 c.c.),  tanto
che la stessa legge fa conseguire, al suo «rispetto», o meglio a tale
particolare  adempimento,  pur  «tardivo»  (rispetto  al  termine  di
adempimento  previsto  in  contratto),  l'effetto  impeditivo   della
pronuncia di risoluzione (art. 55, ultimo comma:  «Il  pagamento  nei
termini di  cui  ai  commi  precedenti  esclude  la  risoluzione  del
contratto»). 
    Secondo la dottrina, la cosiddetta sanatoria (o purgazione  della
mora) intervenuta nel  rispetto  del  termine  di  grazia,  configura
esercizio del diritto potestativo del conduttore moroso di abitazione
locata per uso abitativo, di impedire la risoluzione contrattuale. 
    Trattandosi di termine  sostanziale  per  l'adempimento,  il  cui
inutile decorso e' di per se' idoneo  a  comportare  la  perdita  del
diritto, del conduttore, di impedire la pronuncia di convalida  dello
sfratto (risoluzione del contratto), e che al  contrario  produce  la
definizione del giudizio con provvedimento sfavorevole  all'intimato,
idoneo al giudicato, deve affermarsi che anch'esso  sia  annoverabile
nella disposizione, di contenuto ampio  ed  omnicomprensivo,  di  cui
all'art. 20, comma 3, della legge n. 44/1999,  sicche'  va  condiviso
l'assunto della difesa intimata,  secondo  cui  detto  termine  possa
essere «sospeso» ai sensi dell'art. 20 cit., ricorrendo le condizioni
soggettive ed oggettive previste dallo stesso articolo di legge. 
    D'altronde, il dato letterale della norma  non  lascia  dubbi  di
sorta sul fatto che  il  «provvedimento  favorevole  del  procuratore
della Repubblica» possa produrre ex se la sospensione  (tra  l'altro)
dei  «termini  di  prescrizione  e   quelli   perentori,   legali   e
convenzionali, sostanziali e processuali,  comportanti  decadenze  da
qualsiasi diritto, azione  ed  eccezione,  che  sono  scaduti  o  che
scadono entro un anno dalla data dell'evento lesivo»  (comma  3);  il
legislatore ha previsto, infatti, che le sospensioni  concedibili  ai
soggetti indicati all'art. 20,  comma  1,  della  legge  n.  44/1999,
abbiano  «effetto  a   seguito   del   provvedimento»   (non   meglio
identificato)  del  Procuratore  della  Repubblica:  viene,   quindi,
delineato un automatismo legale, in virtu' del quale il provvedimento
del pubblico ministero e' di per  se'  idoneo  a  produrre  l'effetto
sospensivo disciplinato dalla legge. 
    5. Questo giudice dubita della conformita' a Costituzione, ed  in
particolare al principio sancito all'art. 101, comma 2°, Cost., della
disposizione  teste'  esaminata  dell'art.  20,  comma  7,  legge  n.
44/1999, nella formulazione attualmente  vigente,  laddove  prescrive
che «Le sospensioni del termini di cui ai commi 1, 3 e 4 e la proroga
di  cui  al  comma  2  hanno  effetto  a  seguito  del  provvedimento
favorevole  del  procuratore  della  Repubblica»,  disposizione   che
esplicitamente  ed   inequivocabilmente   attribuisce   al   pubblico
ministero il potere di incidere direttamente sulla controversia,  nel
cui ambito sia in ipotesi pendente il termine  «sospeso»,  in  aperta
violazione del principio di soggezione  del  giudice  (investito  del
processo) «soltanto alla legge». 
    6. Dal principio di soggezione dei  giudici  esclusivamente  alla
legge la  Corte  costituzionale  e  la  dottrina  costituzionalistica
hanno, infatti, da sempre desunto  l'illegittimita'  di  disposizioni
che assegnassero, ad organi terzi e  diversi  dal  giudice  investito
della singola controversia, il potere di ingerirsi e di incidere  sul
(o  altrimenti  decidere  delle  sorti  del)  procedimento  ad   esso
attribuito. Come gia' ricordava la remota sentenza n.  40/1964  della
Corte  costituzionale,  l'art.  101,  comma  2°,  della  Costituzione
«esprime l'esigenza che il giudice non  riceva  se  non  dalla  legge
l'indicazione  delle  regole  da  applicare  nel  giudizio,   e   che
nessun'altra  autorita'  possa  quindi  dare  al  giudice  ordini   o
suggerimenti circa il modo di giudicare in concreto»;  e  cosi'  pure
nella sentenza della stessa Corte  n.  22/1959  si  trova  affermato:
«l'art.  101  ("il  giudice  e'  soggetto  soltanto   alla   legge"),
enunciando il principio della indipendenza del  singolo  giudice,  ha
inteso indicare che il magistrato nell'esercizio della  sua  funzione
non ha altro vincolo che quello della legge». 
    Proprio in riferimento all'art. 20 della legge n. 44/1999, la cui
applicazione e' rilevante nel presente giudizio,  ed  in  particolare
con riferimento al comma 7, nella  formulazione  originaria  («7.  La
sospensione dei termini di cui ai commi 1, 2, 3  e  4  ha  effetto  a
seguito del parere favorevole del prefetto competente per territorio,
sentito il presidente del tribunale»), la Corte  costituzionale,  con
sentenza n. 457/2005, ha cosi' statuito: 
    «E' costituzionalmente illegittimo l'art. 20  comma  7  legge  23
febbraio 1999 n.  44,  limitatamente  alla  parola  "favorevole".  La
disposizione, a  tenore  della  quale  la  sospensione  dei  processi
esecutivi per la durata di trecento giorni, prevista al  comma  4  in
favore dei soggetti, vittime  di  richieste  estorsive,  che  abbiano
richiesto o nel cui interesse sia stata  richiesta  l'elargizione  di
cui agli artt. 3, 5, 6 e 8 della stessa legge, "ha effetto a  seguito
del parere favorevole del prefetto competente per territorio, sentito
il   presidente   del   tribunale",   opera,   infatti,   l'integrale
attribuzione (non al giudice dell'esecuzione, bensi') al prefetto,  e
cioe' ad un organo del potere esecutivo, della valutazione in  ordine
alla sussistenza dei presupposti  per  la  sospensione  del  processo
esecutivo in favore dei detti  soggetti,  valutazione  rispetto  alla
quale l'autorita' giudiziaria e' chiamata a svolgere,  attraverso  la
previsione del parere non vincolante del  presidente  del  tribunale,
solo una funzione consultiva:  il  che  comporta  la  violazione  dei
principi  costituzionali  posti  a  presidio   dell'indipendenza   ed
autonomia della funzione giurisdizionale, venendo ad essere investito
il prefetto del potere di decidere sulle istanze di  sospensione  dei
processi esecutivi promossi nei confronti delle  vittime  dell'usura,
potere  che,  proprio  perche'  incidente  sul  processo  e,  quindi,
giurisdizionale, non puo' che spettare in via esclusiva all'autorita'
giudiziaria. La norma puo' tuttavia essere ricondotta a  legittimita'
costituzionale  mediante  l'ablazione  della   parola   "favorevole",
restituendo  cosi'  alla   funzione   del   prefetto   un   carattere
propriamente consultivo,  non  vincolante,  coerente  con  la  natura
giurisdizionale del provvedimento richiesto, il potere  decisorio  in
ordine al quale torna ad essere attribuito al giudice, che ne  e'  il
naturale ed esclusivo titolare». 
    7. Orbene, il precedente sopra riportato conforta  il  dubbio  di
illegittimita' costituzionale dell'art. 20, comma 7, della  legge  n.
44/1999, nell'attuale formulazione, giacche' tale disposizione,  come
oggi congegnata  dal  legislatore  della  legge  n.  3/2012  (che  ha
modificato in parte l'art. 20, in esame), ha praticamente riassegnato
ad un organo diverso dal giudice naturale precostituito per  legge  e
designato  per   la   trattazione   e   definizione   della   singola
controversia, il potere di incidere direttamente  e  quindi  decidere
(sia   pure   interlocutoriamente)   della   controversia,   con   un
provvedimento di  sospensione  di  termini  (vuoi  processuali,  vuoi
sostanziali) assegnati dal giudicante; il che  contrasta  con  l'art.
101 comma 2°, della Carta costituzionale. 
    8. La norma di legge in esame sembra, altresi', in contrasto  con
l'art. 111, commi 1° e 2°, Cost.,  poiche'  non  sembra  possa  dirsi
«giusto processo», che si svolge «in condizioni di parita', davanti a
giudice terzo e imparziale», quello in cui un'autorita'  diversa  dal
«giudice» possa influire sull'esito della controversia, a  favore  di
una delle parti in lite. 
    9. La violazione delle citate norme della Costituzione appare nel
caso di specie ancora piu' evidente, se si considera che la norma  di
legge in esame non contempla neanche la possibilita', per il  giudice
investito della controversia, di valutare  e  verificare  l'effettiva
ricorrenza dei presupposti previsti dall'art. 20  legge  n.  44/1999,
per la concedibilita' del «beneficio» della sospensione  dei  termini
di cui al comma 3, e se del caso di «interloquire» con l'ufficio  del
pubblico ministero, laddove (come nella fattispecie) il provvedimento
«di sospensione» risulti gravemente carente anche  sotto  il  profilo
formale, e (ad esempio) privo dell'indicazione vuoi del dies a quo di
decorrenza del  periodo  di  sospensione  di  trecento  giorni,  vuoi
(soprattutto) della data «dell'evento lesivo», la  cui  ricognizione,
invece, appare indispensabile per la stessa applicazione della  norma
(«Sono altresi' sospesi, per la medesima durata di cui al comma 1,  i
termini di prescrizione e quelli perentori, legali  e  convenzionali,
sostanziali  e  processuali,  comportanti  decadenze   da   qualsiasi
diritto, azione ed eccezione, clic sono scaduti o che  scadono  entro
un anno dalla data dell'evento lesivo»). 
    10.  Non  vi  e'  dubbio,  infine,   che   l'applicazione   della
disposizione de qua e' rilevante  ai  fini  del  decidere,  incidendo
questa sull'ulteriore corso e sulla sorte del  procedimento  speciale
di sfratto, o meglio sul contenuto del provvedimento  adottabile  dal
giudicante: infatti, si  pone  l'alternativa  tra  l'emissione  o  il
diniego (temporaneo) di un provvedimento di convalida  dello  sfratto
per omessa sanatoria della morosita', nel termine di grazia assegnato
dal tribunale.